Collecting People / L’arte di pensare n°3

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Illudersi. La differenza tra percepire e sapere.

Perché non possiamo smettere di illuderci percettivamente? La ricerca artistica e filosofica riflettono sulla percezione.

I nostri modi fondamentali di metterci in relazione diretta con il mondo sono azione e percezione. Se non potessimo più entrare in contatto con l’ambiente attraverso i sensi, la nostra vita diventerebbe incerta persino nei suoi aspetti più scontati. Eppure il prezzo da pagare per un rapporto immediato con ciò che ci circonda è la possibilità di illudersi intersoggettivamente e di essere soggetti ad allucinazioni. Per quanto ci sforziamo non possiamo correggere con le nostre conoscenze né un’illusione ottica, né l’illusione di realtà provocata dall’allucinazione. Inoltre, ci sono esperienze che complicano ulteriormente le cose, perché ci richiedono di vedere qualcosa che di fatto non è presente, come avviene con le immagini e le raffigurazioni pittoriche. Martina Bassi e Alberto Voltolini dialogheranno sull’esperienza visiva di oggetti e di immagini, intrecciando le loro ricerche intorno al significato artistico, filosofico e quotidiano dell’illusione.

Alberto Voltolini nella sua ricerca filosofica analizza concettualmente il funzionamento della percezione di oggetti e di immagini. Per qualsiasi filosofia della percezione l’illusione e l’allucinazione costituiscono un problema spinoso e temibile che può modificare interi impianti teorici, ma rappresentano anche uno stimolo per una comprensione più profonda della natura del fenomeno percettivo. Conoscere qualcosa attraverso i sensi non è riducibile alla conoscenza che possiamo trarne da una descrizione, perché una descrizione, una volta appurato che sia errata, si può correggere, mentre la percezione rimane. Ma quando vediamo per la prima volta qualcosa che non abbiamo mai percepito, possiamo dire di aver imparato qualcosa di nuovo? Martina Bassi nella sua ricerca artistica progetta illusioni ottiche attraverso la costruzione di oggetti e di immagini, unita all’imitazione e alla realizzazione di superfici. Per comprendere in profondità le opere è necessario porsi ad un livello percettivo, mettendo tra parentesi le credenze sulle dimensioni e sulle forme degli oggetti che, in ogni caso, non serviranno a correggere la nostra visione, ma non finisce qui. Giocando con i meccanismi della modalità sensoriale, attraverso le immagini, i volumi e le texture vengono addirittura ribaltate le nostre aspettative sulle stesse illusioni ottiche. Si innesca così uno spazio di attrazione estetica e di fiducia più che di diffidenza nei confronti dell’illusione che ci trasporta in un mondo percettivo che possiamo comprendere solo con gli occhi.

Alberto Voltolini é Professore Ordinario in filosofia della mente e del linguaggio presso l’Università degli Studi di Torino e il Consorzio di Dottorato in Filosofia del Nord Ovest (FINO) di cui è coordinatore. È membro del comitato scientifico di importanti riviste internazionali come Dialectica, Acta Analytica, European Journal of Analytic Philosophy, Logic and Philosophy of Science: An Electronic Journal ed è supervisore di prestigiose e storiche riviste filosofiche tra cui Erkenntnis, European Journal of Analytic Philosophy, Synthese e Philosophy and Phenomenological Research. Le sue aree di ricerca sono le teorie del riferimento e della comprensione linguistica, le dottrine dell’intenzionalità, le teorie della percezione, con particolare riferimento alla tematica del vedere-come; le teorie della finzione e della raffigurazione pittorica e Wittgenstein. Partecipa a convegni internazionali, ha scritto articoli e volumi come A Syncretistic Theory of Depiction (Palgrave 2015), Immagine (Il Mulino, Bologna, 2013), Finzioni. Il far finta e i suoi oggetti (Laterza, Bari, 2010), I problemi dell’intenzionalità (con Calabi, Einaudi, Torino, 2009), How Ficta Follow Fiction: a Syncretistic Account of Fictional Entities (Springer, Dordrecht, 2006), Guida alla lettura delle Ricerche filosofiche di Wittgenstein (Laterza, Roma, 1998). Ha curato diversi volumi come From Fictionalism to Realism (con Carola Barbero e Maurizio Ferraris, Cambridge, Newcastle Upon Tyne, 2013) e Wittgenstein: Mind, Meaning and Metaphilosophy (con Pasquale Frascolla e Diego Marconi, Macmillan, Basingstoke, 2010).

Martina Bassi è un’artista che indaga la percezione come un complesso meccanismo che ci mette in relazione con gli oggetti e che, anche quando ci illude, non possiamo correggere. Nelle sue opere ricerca il rapporto della percezione con installazioni, segni, immagini digitali, fotografie e diversi materiali come marmo, legno, alluminio e carta. Il suo lavoro artistico sulla percezione è accompagnato da un interesse teorico, si è laureata in estetica presso l’Università Statale di Milano con il Prof. Elio Franzini. Ha avuto mostre personali come Le Pass nel 2014 presso la Room Galleria di Milan e òPPERSPEC nel 2013 presso Wilson Project di Sassari. Ha esposto in diverse collettive tra cui Time dreaming itself nel 2015 allo spazio Barriera di Torino, Run 4 – Spostamenti Minimi presso la Room Galleria di Milano nel 2013 e Grand Soirée presso lo Spazio ‘O di Milano nel 2012 Polline e Cerniere, Istituto Svizzero, Milan. Ha partecipato a worskshop e residenze tra cui Teatro Valdoca diretta da Cesare Ronconi nel 2012 e nel 2011 Augustinian Melody diretta dalla Societàs Raffaello Sanzio presso il Museo MAGA di Gallarate. Durante lo scorso anno è stata selezionata per il Menabrea Art Prize per Cura Magazine, Roma.